Anche se l’origine del nome “agrume” è latina (acer, acro,
acidulo), l’arancia è originaria del nord dell’India, sulle pendici dell’Himalaya dove cresce spontanea. La sua coltivazione inizia circa 3.000 anni fa nella regione del Punjab, poi si estende
lentamente in tutto l’Estremo Oriente. I mandarini, invece, provengono dal Sud-Est Asiatico, Indocina, Malesia, Filippine, mentre il pompelmo proviene dall’Indocina.
Già Confucio vantava le qualità dell’arancia, mentre uno storico cinese della dinastia Han, Sema Kien, nel 200 a.C., descrive gli aranceti della provincia del Setchouan, che si estendevano per più di
seicento chilometri lungo la valle dello Yang-Tsé.
Originariamente era il cedro, portato da Alessandro Magno dalle sue spedizioni nell’Impero Persiano, l’unico agrume diffuso in Grecia e poi a Roma. Occorre attendere molti secoli prima che il limone
e l’arancia si diffondano nell’Africa del Nord, poi in Sicilia e quindi in Spagna.
Le prime arance conosciute in Occidente sono le arance amare introdotte in Sicilia nel X° secolo dagli Arabi, seguite dai limoni, nel XIII° secolo.
La prima arancia dolce sembra sia stata scoperta per la prima volta in Asia, da un compagno di viaggio di Vasco de Gama. La sua coltivazione comincia effettivamente in Spagna ed in Italia dal 1523,
qualche anno dopo la scoperta dell’America.
Ma è nel 1753 che il chirurgo britannico James Lind scopre la miglior medicina per lo scorbuto che decimava i marinai delle navi nelle traversate oceaniche: la vitamina C. Diventa quindi obbligatorio
caricare agrumi sulle navi in partenza e questo favorisce la loro diffusione su tutti i continenti.
Gli agrumi sono oggi i frutti più coltivati al mondo e – sicuramente – i più consumati. La loro produzione mondiale si è considerevolmente sviluppata a partire dalla seconda metà del XX°
secolo.
Però, secondo il rapporto redatto dal Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) a luglio 2012, la produzione mondiale di arance è diminuita del 7% rispetto al 2011, scendendo a 51,1 milioni di tonnellate, a causa di una minore produzione in Brasile, Messico e Unione europea, lasciando meno frutta da destinare alla trasformazione. Nel frattempo, il consumo è stimato in 28,5 milioni di tonnellate, un 2% in meno rispetto al periodo precedente.(fonte Fresh Plaza)